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mercoledì 3 febbraio 2010

Tra le nuvole



Ryan Bingham è un impiegato sempre di corsa sugli aerei. Un George Clooney più che mai single, nonostante la sua vita privata. La mansione di Ryan è quella di licenziare la gente. Uno sporco lavoro di tagliatore di teste. E’ pagato da un’azienda che non ha il coraggio di licenziarli di persona. Ormai bieco calcolatore dalla giornata tipo: viaggia in business class con bagaglio ordinato, vive in un appartamento disadorno soltanto 40 giorni all’anno, la sua vera casa è l’aeroporto, sempre lontano dalla famiglia, incapace quindi di un legame affettivo e di zavorre (tranne quando le dovrà affrontare).

Gioca su ogni stereotipo americano, Up in the Air: verrà assoldata dall’azienda Natalie, Anna Kendrick, la Jessica della saga di Twilight, per licenziare on line i poveri impiegati con famiglia a carico colpiti dalla crisi. E’ infatti una ragazza americana secchiona e appena laureata, non è abituata a lasciarsi andare o trasgredire, vuole tutto e subito: vuole un perfetto matrimonio con addirittura un uomo che abbia il nome corto e tanto di cagnolino al seguito. Clooney è l’uomo d’affari spietato ma dolce, ma colei che sarà al centro delle attenzioni di Ryan è Alex, una sensualissima Vera Farmiga, donna in carriera così poi tanto simile a lui.

“Quanto pesa la vostra vita? – chiede il personaggio ad una schiera di simil venditori agguerriti- Immaginate per un secondo di andare in giro con uno zaino sulle spalle. Voglio che mettiate in quello zaino tutte le cose che avete nella vita; cominciamo con le piccole cose… poi il vostro divano, la vostra macchina, la vostra casa… E sentitene il peso. Ma le vostre relazioni sono la parte più pesante della vostra vita. Tutte quelle liti, i segreti e i compromessi. Più ci muoviamo lentamente, più moriamo velocemente. Fate attenzione, muoversi vuol dire vivere”.

Già il nostro Antonio Albanese seppe divertirci in Giorni e nuvole di due anni fa, di Silvio Soldini. Noi italiani siamo maestri a parlare di crisi del lavoro, si sa. Ma Tra le nuvole è tutta un’altra cosa, come dimostra sempre la differenza con un film statunitense.
L’industria cinematografica di Jason Reitman, già vorticoso in Thank you for smoking, provocatorio in Juno, tira per la corda la crisi economica. Ma lo fa con più ironia, più coraggio, più malinconia (non appunto l’amarezza dei nostri film così spaventosamente vicini alla realtà italiana quanto inutili nel farla dimenticare), più cinismo (evidente la presa in giro nei confronti di un famoso film francese, Il favoloso mondo di Amelie, sul nano da giardino che viaggia per il mondo). Qui però ogni pretesto di voler essere un film migliore viene giocato a favore della trama: i suoi punti fedeltà, in pratica le sue miglia accumulate viaggiando in giro per il mondo, Ryan li devolve a chi non se lo può permettere. A chi li darà e perché, sarà la grande svolta del film.

Piccolo capolavoro.

Voto 8

p.s.
Una piccola chicca. Nell’edizione originale in inglese c’è una battuta di una hostess, quasi ad inizio film, rivolta al protagonista: “Would you like the can, sir?” –Vuole una lattina, (can) signore?- Un Clooney quanto mai ironico fraintende col suono di un’altra parola per intero, “cancer”, appunto lo stesso suono di “can-sir”. Suona anche come “Vuole un cancro?”
Nel doppiaggio italiano è abilmente tradotta in modo diverso: “La vuole bella soda?” Clooney non intende all’inizio la lattina ma qualcos’altro.

3 commenti:

  1. E' piaciuto molto anche a me, specie per quel finale che sembra andare verso lo scontato per poi virare sulla sorpresa!

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  2. Vi dico di più (a mò di controchicca o approfondimento). Se scorrete su questo link in inglese (copiatelo selezionando tutto i caratteri col copia e incolla) http://www.thedailybeast.com/blogs-and-stories/2010-01-31/the-reality-behind-up-in-the-air anche alla seconda pagina ci sono le testimonianze di persone che hanno perso veramente il lavoro e sono state intervistate nel film. A parte un attore che abbiamo visto anche in THANK YOU FOR SMOKING, ci sono le storie di tutti gli altri. Con tanto di video. In lingua originale ma comprensibile chi conosce l'inglese a livello medio.

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  3. Film dolceamaro. La società "globale" non ne esce di certo a testa alta: il lavoro, cui ogni sforzo umano sembra tendere, è e resta precario; l'amore è sempre precario anch'esso e quando sembra solido e vero è una finzione ben condotta (si pensi alla famiglia di Alex, ignara della doppia vita della donna); la frustrazione dilaga senza barriere di classe sociale, razza e sesso (almeno lei è democratica!).
    Se si pensa che è una rappresentazione ben riucita della realtà, potremmo pensare che forse non valga la pena di vederlo per deprimersi ancor di più. E invece no. Perchè alla fine quello che resta in bocca non è l'amaro della storia d'amore svanita nello squallore di una banale relazione di sesso bensì la sfiorata "redenzione" di Clooney, quella avvenuta della secchiona di turno, l'affascinante interpretazione di tutti gli attori e, ovviamente, il colpo di scena del finale.
    Voto: 8

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