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mercoledì 21 luglio 2010

OPUS PISTORUM, letteratura a tinte forti per il Miller più estremo



Edizione Feltrinelli, Milano, 1989 [1984] V.M.18

Fiato alle trombe come mai prima d’ora, irruppe Henry Miller sul panorama della letteratura mondiale come un macigno rotolante sull’orlo del collasso d’istinti bestiali. In una Parigi che non ha tempo, né storia, si muove Alf, americano in trasferta europea, ed i suoi amici dalle esistenze torbide scandite solamente da incandescenti incontri sessuali con esseri femminili dalle perversioni più accese. Vibrando colpi fallici a destra e a manca, il protagonista di questa vicenda senza reale trama, si tuffa gioiosamente e anni luce lontano da una benché minima traccia di coscienza nell’euforia dionisiaca di incontri scabrosi consumati al ritmo osceno del peggiore b-movie dei nostri tempi, concedendosi liberamente ad ogni occasione il caso gli pari innanzi al coso. Vietato dalle produzioni letterarie di ogni luogo e messo all’indice dai censori moderni, l’opera più estrema di Miller visse una nuova vita solo a partire dalla metà degli anni ’80, quando una critica più attenta, proveniente in particolar modo dai vecchi ranghi della beat generation, ne esaltò lo slancio vitalistico e la denuncia insita nello squallore delle sue dinamiche. In ogni caso, checché ne dica Fernanda Pivano (sua l’interessante postfazione dell’edizione Feltrinelli), l’incidere volutamente scurrile della narrazione ed i particolari espliciti cui lo scrittore newyorkese si concede, poco hanno da invidiare alle produzioni pornografiche di categoria, se non fosse per quel particolare finale che ne svela l’autentica essenza e ne differenzia i principali connotati, laddove il sogno erotico del protagonista ed il suo perdersi nei meandri del sesso più estremo, si dissolvono inavvertitamente al cospetto di una realtà che tradisce il malcostume di un degenero distruttivo e priva di ogni piacevole velleità fornicatrice le figure decerebrate che ne popolano le desolate vie.

Voto 7/10

Giuseppe Joe Castronuovo

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