BRIGHT STAR
di Jane Campion
E’ davvero un peccato dover trovare difetti a un film su cui si è avuta parecchia aspettativa e, peraltro, formalmente “bello”. La veste è di quelle più promettenti: l’ha confezionata Jane Campion, la creatrice di due capolavori come “Lezioni di piano” e “Ritratto di signora”, film assolutamente dissimili tra loro, appartenenti però al medesimo universo. Questo ultimo, “Bright Star”, non se ne discosta: un immaginario ultra-romantico e ultra-scenografico, e una donna ad abitarlo. Fanny Brawne (bene interpretata da Abbie Cornish, per molti la nuova Nicole Kidman) è la ragazza protagonista: fanciulla fortemente realista, che cuce da sé i propri abiti e che nulla conosce della poesia. Si innamora disperatamente (e viene ricambiata, alla stessa maniera disperata) nientemeno che del poverissimo e cagionevole John Keats, poeta, sognatore per definizione e per mestiere, nel periodo di tempo che precede il suo trasferimento a Roma, e quindi la sua dipartita.
L’accuratezza, il senso estetico, la recitazione calibrata, la fotografia (splendida), i costumi, un supporto tecnico e artistico pur così solido non sopperisce alla mancanza, nel mogio finale come in tutto il dipanarsi del racconto, di un vero slancio poetico, di quelli edificanti e tragici e conturbanti allo stesso tempo, con i quali la grande regista neozelandese ci aveva più volte lasciato a bocca aperta. Spesso è questione di magia, di grazia, di ispirazione, che Jane forse non è riuscita ad attingere dal suo ermetico protagonista.
Resta un film ben girato e ben recitato, ad ogni modo. Buona visione.
Voto 6,5/10
secondo la mia opinione, è impossibile raccontare un sentimento così devastante, come quello che fanny e john hanno condiviso, attraverso un film. Proprio non vedo come ci si possa riuscire, nemmeno se la persona si chiama jane campion. Quella passione e compassione e comunione e tenerezza e rabbia e rinuncia e bisogno e indissolubilità smisurati possono solo trasmettercela le lettere che si sono scambiati e le poesie che sono rimaste patrimonio del mondo. Nient'altro. Voglio precisare che la mia non è una critica alla pellicola, quanto piuttosto una giustificazione al mancato raggiungimento della sperata perfezione, perché gli unici imperfettamente perfetti erano loro due. Solo loro due. Immensi.
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